Thursday, September 5, 2013

Fuga dalla Siria: in balia delle onde


Fuga dalla Siria: in balia delle onde


حتى الاطفال صارو يفكرو متل الكبار بالسفر واللجوء والقوارب 

وهاي هبة راسمة قارب اللجوء الى ايطاليا

"Anche i bambini iniziano a pensare al viaggio come ai grandi, all'asilo e alle barche e questo è il disegno: la barca d'asilo per l'Italia."

Le rotte dei nuovi flussi migratori, hanno recentemente aperto nuovi scenari sulle spiagge dell'isola di Sicilia: villeggianti si scontrano con la dura realtà di barconi traballanti, delle volte, prestando attivamente soccorso ai nuovi arrivati. Migranti che eviterebbe estenuanti giorni di mare a bordo di fatiscenti imbarcazioni, si ritrovano costretti ad una traversata di fortuna.
2.000.000 di profughi, 100.000 morti e l'ansia per il futuro delle nuove generazioni. Chi può biasimare famiglie che preferiscono lasciare la Siria piuttosto che essere testimoni di una terrificante guerra?
La loro scelta è soprattutto condizionata da alcuni fattori, primo dei quali la mancanza di rappresentanze consolari in Siria1, le ambasciate d'occidente hanno chiuso i battenti e abbandonato questo Paese. La competenza per il rilascio di un visto di ingresso è da demandare alle ambasciate presenti (p.e.) a Beirut, cioè in un altro Stato. I contatti con un altro Paese, in tempo di guerra, in cui l'energia elettrica viene meno a ripetizione, in cui la popolazione è costretta a sopravvivere, a nascondersi, a sfamarsi con i prezzi lievitati alle stelle (230 lire siriane per comprare 1 euro, quando prima della guerra il cambio era di 60 lire per 1 euro) sono impensabili. Per accedere alle procedure per un rilascio di un visto è necessario possedere un passaporto valido per l'espatrio e molti siriani non ce l'hanno e per ottenerlo dovrebbero recarsi agli uffici competenti, che a causa della corruzione dilagante richiedono somme esorbitanti per il rilascio, senza trascurare che recarsi ad un ufficio governativo può voler dire rischiare la propria vita, perchè possibile target da parte di forze dissidenti.
Molti migranti arrivati nella provincia di Catania e Siracusa sono siro-palestinesi provenienti dal campo profughi di Yarmouk2, nella periferia della città di Damasco. Questo vuol dire che si tratta di palestinesi nati e cresciuti in Siria. Quei palestinesi a cui, tutt'oggi, la comunità internazionale non riconosce una connotazione geografica precisa e a cui è proibito far ritorno nel proprio paese perché, sulla carta, non esiste uno stato palestinese.
I siro- palestinesi vivono da generazioni in Siria, non hanno mai conosciuto le città dei loro nonni, molti conservano ancora contratti di proprietà, di terre... nella speranza di un ritorno. Da più di 60 anni i palestinesi ereditano la condizione di profughi. Yarmouk è costantemente teatro di scontri e di bombardamenti3 tra le milizie dell' esercito libero e le milizie governative siriane. Molti cercano di raggiungere il Libano, dove nella migliore delle ipotesi potrebbero alloggiare nella zona di Shatila, un campo profughi palestinese4 a Beirut, dove 57.000 palestinesi siriani, ultimamente hanno trovato rifugio e in cui già vivono 450.000 palestinesi, in condizioni precarie e privi dei loro diritti basilari. Non gli è concesso avere una casa fuori dai campi profughi. C'è anche l'ipotesi che il conflitto siriano possa riaccendere conflitti in Libano, dove si stanno verificando forti tensioni. In più i recenti venti di guerra non faranno altro che accentuare la fuga dal Medio Oriente.
Le opzioni di sopravvivenza in Medio Oriente si affievoliscono di giorno in giorno; raggiungere Israele, è impensabile: i siriani, i palestinesi o chiunque abbia un visto siriano sul passaporto o provenga dalla Siria è respinto alla frontiera; non sarebbe possibile raggiungere né la vicina Giordania5, né la Turchia, per il sovraffollamento dei valichi di frontiera, questi sono stati chiusi6, per il già elevato numero della presenze nei Paesi limitrofi. Alcune migliaia di siriani curdi sono riusciti il 16 agosto 2013 ad aprire un nuovo valico di frontiera7 nel Kurdistan, ma l'Iraq come gli altri Paesi confinanti non ha più intenzione di ospitare profughi, ha anzi schierato 30.0008 soldati per evitare che gruppi terroristici possano infiltrarsi nella propria regione. L'unica possibilità di uscita è ormai rimasto il Libano o il mare siriano negli unici porti sul Mar Mediterraneo: Lattakia e Tartous. Tartous è presenziato dalle forze russe9, con la presenza della Russian Naval Facility, alcuni profughi ci hanno raccontato di essere partiti da lì e di essere rimasti 22 giorni in mare, prima di raggiungere le coste italiane.
Si può raggiungere l'Egitto via aereo, poiché i voli Siria-Egitto sono ancora attivi.
La maggioranza dei barconi in arrivo dall'Egitto, deve contenere un numero non superiore ai 160 migranti, il viaggio per un egiziano costa il corrispettivo di 4000 $, per un siriano 3000 $, i bambini la metà. Quando non si riesce a riempire tutto il barcone c'è la possibilità di far pagare di meno a chi non ha la cifra richiesta.
I trafficanti sono armati, promettono viaggi con camere singole per famiglie, al momento del viaggio però si rivelano dei truffatori. Le vie d'uscita tramite le procedure standard e legali per raggiungere l'Europa, in cui molti siriani hanno parenti e amici, sembrano essere inaccessibili. L'unica soluzione è la traversata in mare affidandosi a gente sconosciuta che non garantisce nessuna tutela, né la certezza di arrivare sani e salvi.
    Si dovrebbero creare dei corridoi umanitari ad hoc, indirizzati verso quei Paesi in cui i migranti sono diretti perché residenti parenti, disposti a prenderli in carico: sarebbe anche un atto dovuto vista la mancanza delle nostre rappresentanze consolari in Siria e l'impossibilità di ottenere un passaporto. La Svezia ha dichiarato il 3 settembre la propria disponibilità ad accogliere profughi siriani e a concedere a coloro che già detengono un permesso temporaneo di 3 anni, un permesso permanente che gli consentirebbe di attuare le procedure per il ricongiungimento familiare10. La questione del regolamento di Dublino diventa un ostacolo per chi vuole raggiungere i propri cari all'estero, ma sembra che alcuni tribunali internazionali, come ha già fatto la Germania, hanno iniziato a considerare l'Italia come paese poco sicuro per i migranti.
    La mediazione politica è l'unica soluzione attuabile, ma necessità di essere messa in pratica nel minor tempo possibile, per evitare stermini di massa e incidenti durante i viaggi della speranza. Purtroppo non esiste un Mosè capace di dividere le acque e fare attraversare agevolmente i popoli; al posto suo si trovano, dei Caronte improvvisati, spettri di una fortezza europea troppo avvinghiata alle proprie regole e alle proprie lacune e una comunità internazionale che come unica opzione aguzza l'uso della forza, compromettendo inevitabilmente la situazione con un intervento armato.
    Manuela Scebba
    Arci territoriale Catania